Pubblicato su politicadomani Num 92-93 - Giugno/Luglio 2009

Personaggi del napoletano
L'eccentrico genio di Raimondo di Sangro

di Ciro La Rosa

Fine alchimista, precursore dei tempi, uomo dai mille interessi, mago, fu personaggio misterioso e impenetrabile, sulla cui vita e morte si addensano cupe leggende

Alchimista, letterato, pittore, dalle idee rivoluzionarie, VII principe di San Severo, duca di Torremaggiore, marchese di Castelnuovo, principe di Castelfranco, signore di molte città, Grande di Spagna di prima classe, gentiluomo di corte di sua Maestà Carlo di Borbone re di Napoli e di Sicilia, comandante dell'Ordine Equestre di San Gennaro, nato a Torremaggiore (Foggia) nel 1710, discendente da stirpe Carolingia, figlio di don Antonio e di Cecilia Caetani d'Aragona, questi era Raimondo di Sangro, personaggio indissolubilmente legato alla Cappella Sansevero. Impossibile parlare dell'uno senza parlare dell'altra.

LA VITA
Nacque nel secolo del trionfo delle scienze e della ragione. Viene affidato ai nonni paterni poiché il padre accusato dell'omicidio di un vassallo fuggì a Vienna rinunciando al titolo e chiudendosi poi in convento. A soli sedici anni eredita tutti i titoli del casato, nel 1735 sposa la nobildonna Carlotta Caetani. Lo ritroviamo nel 1744 come colonnello del "Reggimento Capitanata"; partecipa alla battaglia di Velletri che vede vittoriosi i borbonici sugli austriaci. Stupì i suoi contemporanei con le sue "stravaganti invenzioni": mirabolanti come la carrozza anfibia che si spostava sull'acqua e la lampada perpetua; regalò al re Carlo III un cannone che sparava più lontano di quelli esistenti all'epoca; fabbricò stoffe impermeabili, produsse quadri che sembravano tridimensionali, cose che solo in parte gli sopravvissero perchè i procedimenti non furono mai pubblicati.

LA FAMA
Gli esperimenti, sempre circondati da mistero, e coperti dal segreto più stretto, insieme all'adesione alla Massoneria, crearono intorno alla sua persona un cupo alone di mistero impenetrabile. Avendo il gusto della teatralità voleva meravigliare il pubblico con effetti speciali ed allo stesso tempo prendere in giro chi lo prendeva troppo sul serio, mescolando di proposito la realtà e la fantasia. Così ne ha l'opinione il Genovesi : "se egli non avesse il difetto di aver troppa fantasia, per cui è portato qualche volta a vedere cose poco verosimili, potrebbe passare per uno de' perfetti filosofi".
Venne ammonito prima e scomunicato poi per la sua appartenenza quale Gran Maestro della Massoneria nel 1750 da papa Benedetto XIV e per non subire ulteriori guai preferì dimettersi dalla Società dei Liberi Muratori. Divenne editore di opere esoteriche e di "libri proibiti", che gli procurarono altri guai con il papa. Solo la pubblicazione della "Supplica Umiliata" salva i suoi libri e gli evita nuove grane. I gesuiti orchestrarono però una vera e propria campagna diffamatoria nei suoi confronti e allora, stanco dei continui attacchi e contenziosi con la Chiesa, si chiuse nei suoi studi. Riportiamo la ricostruzione del suo laboratorio fattane da Benedetto Croce "Fiamme vaganti, luci infernali guizzavano dietro i finestroni ... ed ora le fiamme erano colorate d'azzurro ... Scomparivano le fiamme, si rifaceva il buio, ed ecco rumori sordi e prolungati risuonavano là dentro ... nel silenzio della notte s'udiva come il tintinnio di un'incudine, o si scoteva il selciato del vicoletto come al passaggio d'enormi carri invisibili". Fu uomo dai mille interessi, in prima linea sul fronte dei rinnovamenti culturali, iscritto alla Sacra Accademia Fiorentina e all'Accademia della Crusca. Il mistero circonda anche la data della sua morte, nel 1766 o nel 1771.
Raimondo di Sangro è un personaggio tuttora circondato da rispetto e timore dai suoi concittadini, tale da essere chiamato semplicemente "ò Prencipe" per antonomasia, definito da Benedetto Croce "l'incarnazione napoletana del dottor Faust".

IL PALAZZO
Era il Palazzo Sansevero, che domina piazza San Domenico Maggiore, la sede del suo laboratorio impenetrabile e demoniaco. L'edificio era già stato teatro di orribili misfatti e sanguinose esperienze. Fu qui, infatti, che nella notte tra il 17 ed 18 ottobre 1590 avvenne il brutale assassinio di Maria d'Avalos, moglie del primo proprietario del palazzo, il principe di Venosa, duca d'Andria, Carlo Gesualdo. Questi, sospettando la moglie di infedeltà, la sorprese a letto col suo amante. Fece uccidere entrambi a colpi di archibugio dai suoi servi e ne gettò i cadaveri per strada. Si racconta anche che, raccolto il cadavere della d'Avalos e fatto portare nella vicina chiesa di san Domenico Maggiore, sia stato violato da un padre domenicano segretamente innamorato della nobildonna. Raccontano i testimoni che in concomitanza della data in cui fu commesso l'assassinio, ancora oggi si sente l'echeggiare dei colpi d'arma da fuoco e si vede nell'ombra una evanescente figura di donna correre per le stradine strette lanciando un grido straziante di disperazione.

LA MORTE
Come per ogni "mago" che si rispetti anche sulla morte del principe Raimondo di Sangro c'è un alone di mistero leggendario: si crede infatti che abbia voluto sfuggire alla morte. La leggenda narra che con l'aiuto della chimica e delle forze del male, egli dispose tutto in modo da morire e da poter poi resuscitare dopo qualche mese. Per preparare il suo incantesimo aveva bisogno di restare solo. Fece allontanare quindi la sua famiglia mandandola presso le sue tenute in Sansevero. La morte sarebbe dovuta durare nove mesi. Fece credere a tutti che era partito da Napoli e lasciò istruzioni al suo aiutante, uno schiavo moro, di tagliare a pezzi il suo corpo, secondo sue precise indicazioni e di metterlo in una cassa che non doveva essere aperta, pena il fallimento dell'incantesimo, dalla quale sarebbe poi uscito integro da solo, senza ausilio alcuno, a tempo prestabilito, resuscitato ed immortale. Ci fu tuttavia un imprevisto. Il Principe non aveva messo in conto un fatto molto normale: la sua famiglia si era insospettita dall'aver ricevuto sue lettere nelle quali rispondeva a domande che i suoi congiunti non avevano ancora fatto. Costrinsero allora lo schiavo a confessare l'inganno, trovarono la cassa in cui era rinchiuso e la scoperchiarono prima del tempo in modo da far fallire l'incantesimo. Il Principe fece in tempo ad uscire ma cadde definitivamente morto non avendo rispettato i tempi del sortilegio.

LA LEGGENDA
Leggenda a parte, la morte del principe è coperta di mistero: il suo corpo non è mai stato trovato e ancora oggi a Napoli si sostiene che nel vicolo dove c'è il palazzo del principe di Sangro, nelle notti di luna nera si odono passi e tintinnii di speroni, rumori notturni, e il frastuono degli zoccoli dei cavalli della carrozza del principe lungo la via Francesco de Sanctis. Nella notte di Natale dai finestroni della Cappella Sansevero si intravedono le fiammelle delle candele e si sente musica sacra proveniente da un organo.
L'alone di magia e di mistero che fin da quando era in vita si è costruito intorno allo scienziato, alla sua dimora e alla sua cappella, esercita ancor oggi, a un quarto di millennio dalla sua esistenza, un fascino suggestivo e morboso destinato a durare.

 

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